Rapporto: Montagne Italia

Rapporto: Montagne Italia

Presentato a Roma il Rapporto Montagne Italia

Borghi: “nostre comunità luogo di integrazione, welfare di esempio per l’Italia”. I servizi il fronte più debole su cui intervenire
17 Giu 2015
La montagna italiana, in moltissimi Comuni, oggi è un luogo dove si sperimentano politiche di integrazione e un nuovo welfare di comunità. La montagna conosciuta come luogo dal quale emigrare, che fino agli anni Novanta ha perso, sia sugli Appennini che sulle Alpi, decine di migliaia di abitanti, oggi diventa territorio che torna a crescere, con un aumento della popolazione dopo lunghi e non uniformi periodi di declino. La montagna mostra una capacità diversa di accogliere e ospitare i nuovi flussi di migrazione di lungo raggio, sino a fare degli stranieri una componente rilevante delle forze di lavoro.
È una delle immagini positive e inattese che emergono dal Rapporto Montagne Italia, realizzato dalla Fondazione che unisce Uncem e Federbim, presentato oggi alla Camera dei Deputati, a Roma. Un attento lavoro di analisi, quantitativa e qualitativa sulle Terre Alte e sul loro legame con le aree urbane italiane, che arriva a nove anni dal precedente studio di questo tipo realizzato dal Censis. Nuovo welfare, ma anche nuova economia e apertura al terziario e all’innovazione. Non senza la necessità di una maggiore coesione tra i Comuni, moltissimi con meno di mille abitanti, capaci insieme di superare la delicata fase di riorganizzazione istituzionale che ha prima visto l’evoluzione delle Comunità montane e poi una soppressione delle Province, entrambe erogatori di servizi e luoghi istituzionali capaci di mediare il dialogo delle aree montane e rurali con le zone metropolitane e urbane.
“Oggi dobbiamo riposizionare le politiche partendo dalla realtà vera – ha spiegato Enrico Borghi, presidente dell’Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna – Avevamo necessità di uno strumento che spieghi le dinamiche in atto. Ricostruire una politica nazionale per la montagna ci chiede di partire da un’analisi. E capire quali sono i nuovi modelli di sviluppo paradigmatici per il resto del territorio nazionale, per innescare una nuova fase di crescita sostenibile. La montagna è serbatoio di tante nuove proposte. Il lavoro del Parlamento sui temi che ci riguardano è intenso. Queste politiche si devono calare sul territorio e dobbiamo capire come. Lo studio ci dice quali sono le montagne che ce l’hanno fatta e quali arrancano. Ci sono alcuni elementi importanti. Ad esempio l’immigrazione. Scopriamo che il trend demografico comunque non è negativo perché ci sono decine di immigrati che vengono integrati per iniziativa delle amministrazioni e dei welfare di comunità locali. Oggi nelle aree montane e rurali c’è un evidente capacità di integrazione. Su questo le montagne possono insegnare qualcosa al resto del territorio nazionale”.
A illustrare i contenuti del rapporto sono stati Ugo Baldini (Caire), Fabio Piacenti (Eures) e Luca Lo Bianco (Fondazione Montagne Italia). Carlo Personeni, presidente di Federbim non ha dubbi: “Il Rapporto ci aiuta a risolvere le sfide che abbiamo di fronte. E può aiutare chi ha responsabilità politiche e istituzionali a scegliere percorsi e progetti. Uno da rilanciare è la riduzione dei carichi fiscali e burocratici per chi vive e lavora nelle aree montane”. Sul tema della formazione, sulla costruzione culturale di processi, è intervenuta Anna Giorgi, docente e responsabile dell’Università della Montagna di Edolo.
I deficit più forti rilevati dal Rapporto sono quelli relativi ai servizi, come emerso anche dalle interviste a oltre 400 Sindaci di 80 Province di venti Regioni, oltre che dalle interviste di esperti. “La montagna è accogliente, ma ha un deficit grave sull’accessibilità ai

servizi – ha ribadito Ugo Baldini, architetto del Caire – Sulla banda larga ad esempio siamo in clamoroso ritardo. Ma oggi vediamo una montagna che si riproduce. In alcuni casi i dati sono molto rilevanti al nord. Il sud perde ancora molti giovani. E la popolazione diventa più anziana, al sud. Mentre al nord, grazie all’immigrazione, la popolazione diventa più giovane. Un’inversione di tendenza pesante”. Sui temi economici è l’agricoltura a destare maggiore interesse: forte quella biologica nell’appennino meridionale, buona la dimensione multifunzionale delle imprese, anche sulle Alpi. Ma un dato è più incisivo: “Nel 1961, le aziende agricole coprivano il 93% del livello nazionale, con cura di pascoli, coltivi e boschi – ha sottolineato Baldini -. Oggi quella percentuale è scesa al 56%. Un terzo dei territori italiani è senza cura. Pensiamo a cosa vuol dire questo sul piano turistico e sulla prevenzione del dissesto idrogeologico. Servono interventi e precise politiche attive che il Rapporto invita ad attivare”.


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