#iussoli:Le nuove norme favoriscono il riconoscimento dei ‘nuovi italiani’

#iussoli:Le nuove norme favoriscono il riconoscimento dei ‘nuovi italiani’

Favorire l’acquisizione della cittadinanza italiana ai ragazzi nati in Italia o arrivati prima del dodicesimo anno di età è quello che prevedono le nuove norme.
Siamo, infatti, convinti che una partecipazione attiva dei ‘nuovi italiani’ al mercato del lavoro e alla vita sociale è una condizione fondamentale per garantire la coesione sociale. Sono stati introdotti due istituti, lo jus soli temperato, che valorizza il radicamento della famiglia sul territorio e lo ius culturae che consente l’acquisizione della cittadinanza a chi abbia conseguito una formazione scolastica per almeno cinque anni in Italia. Dopo il voto favorevole della Camera dei deputati ora la legge passa alla discussione del Senato.
L’acquisto della cittadinanza rimane comunque un atto volontario, da parte del genitore nell’interesse del figlio minorenne o del diretto interessato al raggiungimento della maggiore età ed entro il compimento dei vent’anni.
La proposta di legge appena approvata prevede alcune importanti novità:
La possibilità di acquisire la cittadinanza a chi nasce da genitori stranieri di cui almeno uno sia in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo UE se di origine extracomunitaria o di un diritto di soggiorno permanente se cittadino comunitario. La cittadinanza non costituisce ne “un regalo”, come sostiene la lega nord ne un’impresa impossibile come sostengono altri. La cittadinanza alla nascita, la si consente in questo caso ai figli di chi ha scelto il nostro paese e ha creato nel tempo i presupposti per un radicamento lavorativo e abitativo. In Italia al momento sono almeno 2,5 milioni gli stranieri adulti in possesso di uno dei due titoli richiesti.
In fondo sia per ius sanguinis che per ius soli temperato, la cittadinanza si lega ad una condizione dei genitori, l’essere già cittadini italiani nel primo caso, l’aver scelto di vivere e radicare il proprio progetto di vita in Italia, nel secondo caso.
Per ius culturae, possono acquistare la cittadinanza italiana i nati in Italia che non abbiano potuto richiedere la cittadinanza per ius soli e i minori arrivati in Italia prima del dodicesimo anno di età che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni.
Dall’analisi dei dati istat, si ipotizza che siano circa 700.000 i minori oggi presenti in Italia che siano nati o arrivati in Italia prima del dodicesimo anno di età e che potrebbero aver maturato o maturare nei prossimi anni i requisiti per la cittadinanza italiana.
La proposta di legge approvata alla Camera mette inoltre fine al rischio dei “bambini fantasma”, eliminando l’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno per gli atti di stato civile, compreso quello per la denuncia di nascita di un figlio. Tale obbligo, introdotto da Maroni può aver determinato la mancata denuncia di minori nati in Italia da parte di stranieri irregolari, con il rischio di avere sottratto alle necessarie tutele alcuni bambini nati nel nostro paese.
La proposta di legge prevede inoltre: termini più favorevoli per il computo della “residenza legale senza interruzioni” laddove richiesta in materia di cittadinanza; l’esonero del pagamento del contributo di 200 euro (oggi richiesto agli adulti) per le richieste di cittadinanza a favore di minori, coerente anche con il fatto che l’esercizio di un diritto non può essere soggetto a pagamento; obblighi di informazione a carico dei punti nascita e ufficiali di stato civile a favore dei genitori stranieri al momento della denuncia della nascita di un figlio e a carico dell’ufficiale d’anagrafe a favore dei diretti interessati in occasione del compimento della maggiore età. Ai Comuni e agli Istituti scolastici di ogni ordine e grado viene inoltre richiesto di sviluppare a favore di tutti i bambini (italiani o stranieri che siano) progetti di educazione alla conoscenza e alla consapevolezza dei diritti e doveri collegati alla cittadinanza.
La legge al momento della sua entrata in vigore si potrà applicare a tutti coloro che sono nati in Italia o sono arrivati prima del dodicesimo anno di età, possano dimostrare di avere maturato i requisiti costitutivi previsti per lo ius soli temperato o per lo ius culturae e non abbiano ancora compiuto vent’anni di età.
Per chi, pur potendo vantare i requisiti richiesti dallo ius culturae, dovesse avere già compiuto i vent’anni di età, sarà inoltre richiesto di avere continuato a risiedere senza interruzioni in Italia negli ultimi cinque anni e di non avere avuto a proprio carico provvedimenti di espulsione o di allontanamento per motivi di sicurezza nazionale, ovvero avere avuto un diniego ad una precedente domanda di cittadinanza sempre per motivi di sicurezza nazionale.
Il Ministero del welfare e la ragioneria dello Stato hanno inoltre accertato che tale provvedimento non costituirà maggiori oneri a carico della finanza dello Stato.
Questa proposta di legge, che spero possa trovare al più presto un voto favorevole anche al Senato, costituisce un’importante punto di incontro tra posizione politiche diverse per il riconoscimento della cittadinanza a migliaia di ragazzi nati e cresciuti in Italia che da sempre si sentono italiani per la lingua, la cultura, le abitudini che hanno acquisito e che noi trattiamo da stranieri. Si darà l’opportunità a ciascuno di loro di riconoscersi pienamente italiani, se lo vorranno, dando loro la possibilità di eliminare quell’ambiguità che li vede doppiamente stranieri, in Italia dove sono nati e cresciuti ma che per legge sono considerati stranieri e nella terra dei propri genitori che spesso non hanno mai visto e di cui conoscono lontanamente lingua e cultura.
Questa legge non “svende” l’identità italiana, ma vuole riconoscere chi insieme a noi vive, studia, lavora e contribuisce a far crescere il nostro paese. Tanti sono i pregiudizi sugli stranieri che hanno scelto l’Italia per vivere e lavorare, e i numeri Istat ci danno importanti informazioni per confutarle.
Gli stranieri nel nostro paese sono poco più di 5 milioni pari all’ 8,2%, della popolazione italiana pari a 60.700.000. Di questi 5 milioni, un milione ha meno di diciotto anni, ed oltre la metà è di origine Europea, circa 500.000 provengono dal Nord America e solo 1 milione proviene da paesi di religione mussulmana, mentre oltre il 55% si professa di religione cristiana. Questo significa che gli stranieri che hanno scelto l’Italia sono a differenza di quanto si pensa di cultura “affine” a quella italiana/europea e che gli stranieri di religione mussulmana rappresentano meno dell’1,5% dell’intera popolazione italiana.
Gli stranieri nati o arrivati in tenere età che hanno oggi più di vent’anni sono circa 130.000 e il 95% di loro ha meno di 45 anni ed un alto livello di scolarizzazione conseguita in Italia, pari al diploma di scuola secondaria superiore, laurea o corsi di formazione professionali triennali o quadriennali, e meno del 2% risulta privo di titolo di studio.
La cittadinanza a mio avviso non deve essere considerata ne uno strumento d’integrazione, ne uno strumento premiale, ma uno strumento che aiuta a rafforza l’identità e il senso di appartenenza di una persona al contesto territoriale e culturale in cui si vive e cresce, a rafforzare la coesione sociale dell’intera comunità, a liberare energie da investire nella realizzazione del proprio progetto di vita anziché nel contrastare la burocrazia, oltre che a costituire un’importante strumento di politica demografica.
Nel valutare l’opportunità di modificare le regole di acquisto della cittadinanza almeno a favore di chi nasce o arriva in tenera età nel nostro paese, non possiamo infatti sottovalutare il fatto che l’Italia ha bisogno di attrarre e trattenere la popolazione più giovane e produttiva della propria popolazione al fine di poter salvaguardare la sostenibilità economica del proprio sistema previdenziale e di welfare per il futuro. L’Italia è al momento il secondo paese al mondo per indice di vecchiaia, seconda solo al Giappone. Nel corso del 2014 si è registrato un saldo naturale (differenza tra nati e morti) tra i più bassi negli ultimi 75 anni, con un picco negativo mai raggiunto dal biennio 1917-1918 (ultimi due anni del primo conflitto mondiale), quando le donne italiane non facevano figli e gli uomini morivano al fronte. Il saldo naturale risulta quindi negativo – 95.768 unità, con una tendenza alla diminuzione delle nascite, nonostante l’apporto positivo delle donne straniere, anch’esso comunque in calo.
E’ indubbio che il nostro paese oltre a fare leggi più civili per semplificare la vita a chi sceglie l’Italia per vivere e lavorare, deve mettere in campo politiche di maggior favore per le famiglie e i loro progetti di vita familiare, italiane o straniere che siano.

La proposta di legge votata alla Camera, è il risultato di un lavoro collettivo a più teste, mani e cuore, per questo voglio ringraziare in particolare:
per l’indispensabile appoggio politico, Maria Elena Boschi, Ettore Rosato, Domenico Manzione, Sesa Amici, Cecile Kyenge, Emanuele Fiano, Micaela Campana e Barbara Pollastrini
per il confronto e contributo quotidiano di merito, Mario Marazziti, Chaouki Kalid, Paolo Beni, Giuseppe Guerini, Andrea Giorgi, Teresa Piccione, Celeste Costantino, Dorina Bianchi, Andrea Mazziotti, Gian Luigi Gigli, Bouchaib Khaline
per il grande sostegno tecnico i consiglieri e i dirigenti della Prima Commissione, degli Uffici legislativi della Prima Commissione Affari costituzionali, del Ministero degli Interni, del Ministero rapporti con il parlamento e del Dipartimento affari costituzionali del Gruppo deputati PD, Stefano, Chiara, Cristina, Bruno, Teresa, Carla, Roberto, Clelia, Francesca, Sara, Angelo, Ugo, ….
per i dati Istat, Linda Laura Sabbadini
in ultimo ma non per ultimi le 23 organizzazioni della campagna nazionale “L’Italia sono anch’io” che hanno promosso la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare da cui è partito il tutto depositata alla Camera nel marzo del 2013, hanno tenuto sempre alta l’attenzione del parlamento e dell’opinione pubblica su questo tema, e mi hanno offerto una collaborazione fattiva e costante nel merito


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