Interrogazione: Permessi di soggiorno non rinnovati per perdita di lavoro

Interrogazione: Permessi di soggiorno non rinnovati per perdita di lavoro

Interrogazione a risposta in commissione 5-07686
presentato da
FABBRI Marilena
testo presentato
Venerdì 5 febbraio 2016
modificato
Mercoledì 2 marzo 2016, seduta n. 581
  FABBRI, GIUSEPPE GUERINI, CARNEVALI. — Al Ministro dell’interno . — Per sapere – premesso che: 
secondo i dati pubblicati di recente dal Dossier IDOS, in collaborazione con l’UNAR, nel 2014 ci sono stati quasi 150 mila permessi di soggiorno scaduti e non rinnovati a causa della perdita del posto di lavoro. Molti stranieri sono andati via, ma tantissimi sono rimasti nel nostro Paese da irregolari, continuando a lavorare in nero, senza tutele e guadagnando di meno; 
rispetto agli italiani, gli stranieri, specie quelli irregolari, sono più deboli e facilmente ricattabili; 
generalmente i lavoratori stranieri sono anche i primi a essere richiesti quando l’economia riparte, ma il vero problema è che quelli che intanto hanno perso il permesso di soggiorno non possono più essere assunti regolarmente. E senza un contratto di lavoro regolare non si può riottenere il permesso di soggiorno; 
la legge n. 92 del 2012 (articolo 4, comma 30), in vigore dal 18 luglio 2012, estende ad un anno e per tutto il periodo in cui l’interessato riceve prestazioni di sostegno al reddito, la durata dell’iscrizione alle liste di collocamento del cittadino straniero inoccupato e quindi anche la durata effettiva del permesso di soggiorno. Si prevede la modifica dell’articolo 22, comma 11, del testo unico immigrazione, per cui si autorizzano le questure al rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione della validità di almeno 12 mesi; 
quindi, secondo la normativa in vigore è già oggi possibile rilasciare permessi validi due anni. Estendere di un anno la validità del permesso di soggiorno, a parere dell’interrogante, evidentemente non è sufficiente a garantire e a tutelare il diritto di queste persone a rimanere in Italia; 
i segnali che arrivano dal mercato del lavoro sono incoraggianti, anche se la crisi economica non è finita. È tornata leggermente a salire l’occupazione dei lavoratori stranieri. Nel secondo trimestre del 2015 si è registrata una crescita del 4,2 per cento delle assunzioni di lavoratori stranieri rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; 
se l’economia dovesse ripartire davvero, il nostro Paese avrà ancora più bisogno di lavoratori stranieri; 
a parere dell’interrogante è giusto oltre che più conveniente, ricollocare quei lavoratori stranieri che hanno perso o stanno per perdere il permesso di soggiorno per questioni di lavoro, dal momento che si tratta di persone che vivono da anni nel nostro Paese, che conoscono la lingua e la cultura italiana, che in Italia si sono formati e che qui mandano i loro figli, magari nati nel nostro Paese, a scuola. Inoltre, una situazione del genere non sanata potrebbe ingrossare le fila degli irregolari; 
da pochi giorni è stato pubblicato in Gazzetta il cosiddetto «decreto flussi», decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 dicembre 2015, recante «Nuove quote per l’ingresso di lavoratori stagionali e autonomi e per le conversioni dei permessi di soggiorno», che prevede un’apertura dei flussi d’ingresso per i lavoratori non comunitari per l’anno 2016; 
in base al nuovo decreto – così come chiarito nella circolare congiunta dei Ministeri dell’interno e del lavoro e delle politiche sociali del 29 gennaio – sono ammessi in Italia 17.850 lavoratori stranieri per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo. Le restanti 14.250 quote vengono riservate a coloro che devono convertire in lavoro subordinato il permesso di soggiorno già posseduto ad altro titolo. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che c’è una reale necessità di lavoratori stranieri nel nostro Paese –: 
se non reputi doveroso fornire, se del caso attraverso una circolare alle questure, informazioni circa la corretta interpretazione ed applicazione della norma succitata (legge n. 92 del 2012), da intendersi in termini estensivi e non restrittivi come invece avviene, laddove oggi il riferimento ad «almeno 12 mesi» viene inteso come un arco temporale «massimo» e non «minimo», come a giudizio dell’interrogante correttamente andrebbe inteso; 
in che modo intenda intervenire per far emergere quegli stranieri, consentendone la relativa regolarizzazione, che si trovano in Italia con il permesso di soggiorno per attesa occupazione già scaduto, ma in possesso di tutti gli altri requisiti previsti dalla legge. (5-07686)


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