Interrogazione: Costi per rinnovo permesso di soggiorno illegittimi

Interrogazione: Costi per rinnovo permesso di soggiorno illegittimi

Interrogazione a risposta in commissione 5-07765
presentato da
FABBRI Marilena
testo presentato
Giovedì 11 febbraio 2016
modificato
Mercoledì 2 marzo 2016, seduta n. 581
  FABBRI, ROBERTA AGOSTINI, GIUSEPPE GUERINI, CARNEVALI. — Al Ministro dell’interno . — Per sapere – premesso che: 
con sentenza del 2 settembre 2015 la Corte di giustizia ha dichiarato incompatibile con la direttiva 2003/109 l’articolo 5 comma 2-ter e l’articolo 14-bis del testo unico sull’immigrazione 286 del 1998 con il quale si impone ai cittadini di Paesi terzi di pagare un contributo variabile tra 80 e 200 euro per il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno; 
la questione pregiudiziale è stata sollevata dal tribunale amministrativo regionale del Lazio nel corso di un procedimento promosso da CGIL e INCA volto a ottenere l’annullamento del decreto Ministero dell’interno e Ministero dell’economia e delle finanze del 6 ottobre 2011 «Contributo per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno» pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2011 n. 304; 
introdotto nel 2009, il contributo per il rinnovo o il rilascio del permesso di soggiorno era stato fissato «tra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro»: il decreto ministeriale sopracitato aveva articolato gli importi, stabilendo 80 euro per i permessi di soggiorno semestrali e poi somme crescenti fino a 200 euro per il permesso di soggiorno di lungo periodo; 
con la sentenza del 2 settembre 2015 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che, sebbene gli Stati membri godano di un margine di discrezionalità nella determinazione di importi da pagare in occasione del rilascio del titolo di soggiorno, tale discrezionalità deve, tuttavia, essere esercitata nel rispetto del principio di proporzionalità al fine di non pregiudicare l’effetto utile della direttiva 2003/109, il cui scopo principale è quello di consentire l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri; 
la Corte ha, pertanto, concluso che il contributo richiesto dalla normativa italiana è «sproporzionato rispetto alla finalità perseguita dalla direttiva ed è atto a creare un ostacolo all’esercizio dei diritti conferiti da quest’ultima». Pertanto la sentenza lascia ora aperto un problema interpretativo e uno applicativo; 
infatti va considerato che la questione pregiudiziale era riferita sia alla compatibilità della tassazione con la direttiva 2003/109 (il pagamento dei 200 euro per il rilascio del permesso di lungo periodo) ma anche alla norma unitaria (il citato articolo 5, comma 2-ter del TUI) che stabilisce, senza operare le distinzioni poi operate dal decreto ministeriale del 2011, soltanto il livello minimo e massimo del contributo; 
la Corte ha sancito l’incompatibilità con la direttiva della norma nel suo insieme, ivi compreso proprio il livello minimo, anche se quest’ultimo riguarda solo la richiesta dei permessi di soggiorno brevi; 
ne consegue che anche l’importo di 80 euro (per quanto non direttamente riferibile ai lungosoggiornanti) è a questo punto sproporzionato e dunque illegittimo rispetto ai principi fissati dalla Corte di giustizia europea; 
tuttavia, la violazione della direttiva è ormai definitivamente accertata e, dunque, il cittadino straniero che ha pagato un importo «sproporzionato» può convenire in giudizio lo Stato italiano (con l’azione ordinaria o con l’azione antidiscriminatoria) per ottenere il risarcimento del danno per mancato adeguamento al diritto comunitario. Sarà il giudice a stabilire – sulla base dei principi fissati dalla Corte – quale avrebbe dovuto essere l’importo «proporzionato», con conseguente riconoscimento allo straniero, a titolo di risarcimento del danno per violazione delle norme comunitarie, dell’importo eccedente pagato; 
a parere dell’interrogante è necessario non solo rivedere al ribasso gli importi per il rilascio del permesso di soggiorno ma anche prevedere una maggiore gradualità che tenga conto della ricorrenza del rinnovo, del rinnovo contestuale di più componenti la stessa famiglia nonché dei casi di ripresentazione della domanda a seguito di rigetto; 
in data 19 dicembre 2015 il Governo ha accolto un ordine del giorno (9/03444-A/104) del Partito Democratico (primo firmatario l’onorevole Giuseppe Guerini) che impegna il Governo medesimo a valutare l’opportunità di verificare, all’interno della normativa nazionale vigente in materia, le modalità di una corretta applicazione della sentenza della Corte di Giustizia di cui sopra –: 
se non ritenga urgente assumere iniziative per modificare la normativa nazionale vigente in materia al fine di favorire la corretta applicazione della sentenza della Corte di giustizia di cui sopra. 


Condividi:

No comments yet.

Join the Conversation