Iniziative di contrasto al gioco d’azzardo patalogico.

Iniziative di contrasto al gioco d’azzardo patalogico.

Nel nostro Paese, negli ultimi anni, il mercato dei giochi, in particolare quello del gioco d’azzardo, sia quello cosiddetto legale che quello illegale, non ha conosciuto crisi: è un settore che, nonostante l’attuale fase di congiuntura eco-nomica difficile per famiglie e imprese registra una fortissima espansione e un volume d’affari sempre in aumento. In Europa è dislocato il 34 per cento del giocato al mondo, ma l’Italia è la prima in Europa. Il gioco d’azzardo è la terza industria italiana, con il 3% del prodotto interno lordo nazionale, 5.000 aziende, 120.000 addetti, 400.000 slot machine, 6.181 punti gioco autorizzati. Nel 2011 sono stati giocati 79.814 miliardi di euro, 70.262 miliardi di euro nei primi 10 mesi del 2012, il 12 per cento della spesa delle famiglie italiane. Gli italiani spendono 1.200 euro procapite all’anno e l’universo dei giocatori è di circa 30 milioni di persone, delle quali circa 2 milioni sono a rischio dipendenza, ed a tutt’oggi si calcolano in circa 800.000 i giocatori patologici (il doppio dei tossicodipendenti che sono circa 393.000), mentre sono circa 500.000 i minorenni che vanno a scuola e già scommettono.  Sono necessari 5-6 miliardi di euro l’anno per curare i dipendenti dal gioco, mentre le tasse incassate dallo Stato sono 8 miliardi di euro;

Esempio Pubblicità ingannevole sul gioco d’azzardo

 

I dati aggiornati ad ottobre 2012 confermano la grande espansione del gioco d’azzardo in tutta Italia, con il primato per il fatturato della Lombardia (1.284 milioni di euro), seguita nell’ordine dal Lazio (797), dalla Campania (688), dell’Emilia-Romagna (573), del Veneto (503), del Piemonte (484), della Sicilia (468), della Puglia (438), della Toscana (433), dell’Abruzzo (203). Per quanto riguarda la spesa pro capite al primo posto si colloca l’Abruzzo con 155,28 euro a testa, seguito da Lazio (144,83), Lombardia (132,31), Emilia-Romagna (131,96), Molise (127,52), Liguria (122,23), Marche (121,97), Campania (119,30), Umbria (118,74), Valle D’Aosta (118,29), Toscana (117,91);

 

Spesso, quando si parla di patologie legate al gioco, si usa il termine «ludopatia». In realtà, è più corretto parlare di «gioco di azzardo patologico» (g.a.p.), una vera e propri dipendenza senza sostanze, ma legata ad un comportamento che peraltro è legittimo, accettato socialmente ed addirittura incentivato e promosso, per cui non appare immediatamente come un attacco alla salute e non vengono immediatamente percepiti i rischi del gioco compulsivo. L’accessibilità facile e la vasta diffusione sono fattori che agevolano la diffusione della patologia. Oltre ai fattori individuali, esiste infatti l’incidenza di fattori ambientali, culturali e legati alla struttura dei giochi che contribuisce a favorire la patologia. Per contrastarla sono necessarie politiche di «gioco responsabile» che finora sono state affidate ai Monopoli di Stato con esiti discutibili.

Video dell’Associazione Giocatori Anonimi per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo

Di fronte a questi dati drammatici occorre passare da un approccio politico che incoraggia il gioco, consentendone la pubblicità e allargando le possibilità di farvi ricorso, a un diverso e più maturo atteggiamento, che ne riconosca i gravi pericoli e gli altissimi costi sociali. La dipendenza dal gioco deve essere considerata alla stregua della dipendenza dal tabacco o dall’alcool, come un comportamento socialmente dannoso, il cui abuso porta alla dipendenza da gioco d’azzardo o al gioco d’azzardo patologico, una vera e propria malattia riconosciuta a livello internazionale dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Pertanto l’atteggiamento del legislatore deve indirizzarsi senza esitazione verso una regolamentazione disincentivante, deve intraprendere e a sostenere politiche informative e deterrenti, che rendano edotti i cittadini sui gravi rischi connessi all’abuso dei giochi con vincita in  denaro.

 

Le regioni e gli enti locali, che sopportano il peso maggiore delle ricadute sociosanitarie negative del gioco, sono da tempo impegnati in azioni volte a contrastare il fenomeno, attraverso gli strumenti loro consentiti dalla legge e spesso senza riguardo  al colore politico delle amministrazioni, a confermare che il problema sociale costituito dal gioco d’azzardo è percepito in modo diffuso e trasversale nel territorio e che solo il legislatore nazionale sembra ancora « sordo » rispetto a tale fenomeno. Iniziative come le leggi regionali lombarde o il regolamento comunale di Genova hanno infatti prodotto risultati lusinghieri in termini di contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo.

 

Nel corso della passata legislatura la Commissione parlamentare affari sociali ha promosso un’indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della dipendenza dal gioco d’azzardo dalla quale è emerso nel testo conclusivo l’esigenza di disporre di una conoscenza dei dati epidemiologici tecnicamente e scientificamente validati, la necessità di nuove regole per limitare l’offerta dei giochi, tutelare i minori, liberare l’industria del gioco dagli inquinamenti della malavita ed affrontare il tema della presa in carico dei giocatori patologici;

 

in questi ultimi anni più volte il Parlamento e il Governo sono intervenuti a normare questa materia, basta ricordare: a) il decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, che all’articolo 5, comma 2, ha riconosciuto la ludopatia come una patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità, prevedendo anche l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia; all’articolo 7, comma 4, dispone dal 1o gennaio 2013, al fine di contenere la diffusione delle dipendenze dalla pratica di gioco con vincite in denaro, il divieto di messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive, radiofoniche e nelle rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte prevalentemente ai giovani; su giornali, riviste, pubblicazioni, durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché via internet, che incitano al gioco ovvero ne esaltano la sua pratica, ovvero che hanno al loro interno dei minori, ovvero che non avvertono del rischio di dipendenza dalla pratica del gioco; al comma 4-bis dispone che la pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato; infine il comma 5-bis prevede che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca segnali agli istituti di istruzione primaria e secondaria la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinché gli istituti, nell’ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo;

 

b) la legge 11 marzo 2014, n. 23 (cosiddetta delega fiscale), all’articolo 14, ove si prevede che il Governo è delegato ad attuare il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, indicando, tra i principi e criteri direttivi cui deve uniformarsi, l’introduzione e la garanzia di applicazione di regole trasparenti e uniformi nell’intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all’esercizio dell’offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l’intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l’offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito;

 

c) la legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (legge di stabilità 2015) all’articolo 1, comma 133, dove si prevede che nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale a decorrere dall’anno 2015 una quota pari a 50 milioni di euro è annualmente destinata alla prevenzione, alla cura e alla riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità. Una quota delle risorse, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, è destinata alla sperimentazione di modalità di controllo dei soggetti a rischio di patologia, mediante l’adozione di software che consentano al giocatore di monitorare il proprio comportamento generando conseguentemente appositi messaggi di allerta, nonché lo spostamento sotto il Ministero della salute dell’Osservatorio nazionale istituito ai sensi dell’articolo 7, comma 10, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189,

 

Nel mese di giugno scorso è scaduta la delega prevista nella legge 11 marzo 2014 (lettera b), n. 23 cosiddetta “delega fiscale”, per un riordino complessivo della normativa in materia di gioco, senza che il Governo emanasse il decreto legislativo. Decreto che, nel contenuto, è stato trasformato in disegno di legge e presentato al Senato dal collega Mirabelli  con alcuni miglioramenti in materia di pubblicità diretta, ma che dovrà avere il compito di chiarire che non deve essere limitata in alcun modo la possibilità di intervento dei sindaci di tenere sotto controllo un’attività che può avere impatti significativi sulla vita delle famiglie.

 

Dal mio punto di vista la materia non deve però essere regolamentata solamente da un punto di vista fiscale ma soprattutto da quello sociale e sanitario. E’ fondamentale agire sia sulla prevenzione che sull’informazione. Il primo intervento va operato sulla pubblicità e proprio in questa direzione va la proposta di legge presentata a luglio dall’intergruppo parlamentare della Camera contro il gioco d’azzardo, di cui faccio parte, (primo firmatario il collega Basso), perché occorre limitare i messaggi pubblicitari e di marketing sul gioco d’azzardo, vietare la pubblicità ingannevole e la pubblicità ed adottare specifici codici di autoregolamentazione.

 

E’ necessario inoltre promuovere campagne di sensibilizzazione per l’uso responsabile del denaro, per la limitazione all’accesso al debito e sui rischi collegati al gioco di azzardo, particolarmente nelle scuole, e che siano altresì dirette alle famiglie per aiutarle nell’attività educativa. Vanno altresì promosse iniziative sperimentali di prevenzione e di formazione estesa agli esercenti allo scopo di prevenire gli eccessi di gioco. Per quanto riguarda invece la cura della patologia del giocatore di azzardo, finora è stata affidata ad iniziative sporadiche messe in atto dai Sert e da associazioni, su iniziativa prevalentemente volontaria di specialisti ed operatori. Tuttavia, ad oggi, non esiste il diritto alla cura per questa patologia e tanto meno esistono misure per aiutare la famiglia del giocatore. Anche se con la legge di stabilità 2011 si è intervenuti per definire «le linee di azione per la prevenzione, il contrasto ed il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo», da realizzare attraverso la predisposizione di un decreto interdirigenziale (capofila il Ministero dell’economia e delle finanze), detto decreto è bloccato da oltre un anno perché privo dell’adeguata copertura finanziaria, necessaria alla attivazione delle azioni individuate per gli interventi sociali e sanitari che si inquadrano nell’ambito del g.a.p.

 

È dunque necessario introdurre nell’ordinamento il riconoscimento del gioco d’azzardo patologico e il suo inserimento nei livelli essenziali di assistenza (LEA), in adesione all’orientamento dell’OMS che identifica il gioco di azzardo compulsivo come una forma morbosa che può diventare una autentica malattia sociale, nonché prevedere lo stanziamento di risorse tese alla prevenzione e cura del g.a.p.

 

Lo scorso 6 settembre ho partecipato, all’interno della Festa dell’Unità di Bologna, ad un’iniziativa dal titolo “Il gioco è bello quando dura poco. Rischi e costi della ludopatia” con Mirella Felice, pscicologa del Sert, Nicola Golfieri presidente dell’associazione giocatori anonimi, Silvia Manfredini della segreteria pd provincia di Bologna e Giulio Pierini sindaco di Budrio. Nel corso della discussione è emerso un quadro, già confermato dai dati in premessa, drammatico per i numeri in questione, per le motivazioni che spingono al gioco e per il crescente aumento di giovani che si avvicinano al gioco d’azzardo. 

 

Non bisogna infatti dimenticare che le fasce di popolazione maggiormente a rischio di incorrere nella ludopatia sono le fasce socialmente ed economicamente più deboli. Disoccupati, pensionati, persone in difficoltà economiche che pensano che con la facilità di poche giocate si possano risolvere molti dei loro problemi. Purtroppo i fatti di cronaca ci parlano spesso di fin dove possa spingersi, di quali gesti possa arrivare a compiere una persona colpita dal demone del gioco e dalla disperazione. Per questo occorre limitare fortemente l’immagine del giocatore come un modello di successo, come una persona che con il minimo sforzo riesce a ottenere solo il meglio dalla vita, presso i più giovani e le fasce socialmente più deboli. L’intervento legislativo del Parlamento, che mi auguro sia celere e risolutivo, deve avere un chiaro obiettivo: non criminalizzare chi gioca ogni tanto, o fare del proibizionismo, ma porre rimedio ad un’emergenza sociale vera e propria.

 

Marilena Fabbri

 

Settembre 2015

Proposta di legge “Basso”

testo unificato proposta di legge gioco d’azzardo

Slides di approfondimento

 


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