I miei emendamenti al Decreto di riforma della Pubblica Amministrazione

I miei emendamenti al Decreto di riforma della Pubblica Amministrazione

I miei emendamenti al DL madia

La Delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche si inserisce in un solco di ammodernamento, di cambiamento culturale della pubblica amministrazione, che ha alle spalle venticinque anni di provvedimenti. Con le leggi 142  e 241 del 1990 gli enti locali da soggetti subordinati alla centralità dello Stato sono diventati soggetti con una loro autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, nonché finanziaria ed inoltre sono stati introdotti per la prima volta i principi della semplificazione e della responsabilità della pubblica amministrazione, definendo anche dei tempi all’interno del procedimento amministrativo e degli obblighi di risposta ai cittadini, anche con motivazioni.

Successivamente le leggi sull’elezione diretta dei sindaci hanno introdotto per la prima volta non solo la possibilità dei cittadini di eleggere direttamente i sindaci o i presidenti di provincia, ma di chiedere conto della loro amministrazione, di chiedere conto del raggiungimento degli obiettivi politici e di programma.

Le «leggi Bassanini» hanno poi introdotto, a metà degli anni Novanta, la distinzione fra responsabilità tecnica e responsabilità politica, quindi hanno introdotto una fortissima rivoluzione, che già era iniziata all’inizio degli anni Novanta, rispetto alle responsabilità dell’azione amministrativa e dell’azione politica.

La delega di riorganizzazione della P.A. contiene al suo interno tutte le parole d’ordine che hanno caratterizzato l’ammodernamento del nostro sistema pubblico in questi anni: la semplificazione, la responsabilità, l’autonomia, la valutazione e anche la meritocrazia, introdotta con la riforma del pubblico impiego in varie fasi, tra cui il contestato provvedimento Brunetta, che ha sicuramente degli elementi di criticità ma ha rafforzato il tema della responsabilità all’interno della pubblica amministrazione, cioè che la valutazione non può determinare una valutazione ugualitaria, uguale per tutti, ma determina necessariamente il fare delle differenze, tenendo conto anche dell’impegno, dell’aggiornamento e del valore all’interno del lavoro delle nostre pubbliche amministrazioni.

Sono previste dodici deleghe e l’intento è quello di intervenire su quindici materie di competenza relativa alla pubblica amministrazione, quali: la carta della cittadinanza digitale, la conferenza dei servizi, il silenzio assenso tra pubbliche amministrazioni – che viene per la prima volta introdotto – e non solo tra cittadino e pubblica amministrazione, la segnalazione certificata di inizio attività, il silenzio assenso, l’autorizzazione espressa e la comunicazione preventiva, l’autotutela amministrativa, revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza e la riorganizzazione dell’amministrazione dello Stato.

Una vera rivoluzione che si pone l’obiettivo, di andare a semplificare le sovrapposizioni all’interno della pubblica amministrazione, già affrontato con le «Bassanini», ma non completato fino ad oggi.  Basta pensare a tutta l’esperienza della Carta delle autonomie locali che non è andata a buon fine e che aveva proprio il compito e l’obiettivo di andare a ridurre o eliminare le sovrapposizioni decisionali fra i diversi livelli dello Stato. Ridefinire e, soprattutto, evitare le sovrapposizioni dei luoghi di decisione, ma anche dei luoghi dell’erogazione dei servizi, è sicuramente uno dei punti più importanti di novità di questa legge delega, in quanto si pone l’obiettivo di andare a toccare in maniera pesante l’organizzazione dello Stato, sia a livello centrale che periferico, quindi a razionalizzare sia l’organizzazione che l’erogazione dei servizi (la razionalizzazione delle sedi prefettizie, l’accorpamento o la trasformazione di alcuni soggetti statali e non, la riorganizzazione delle Camere di commercio, la razionalizzazione e riorganizzazione della normativa in materia di società partecipate, ecc.)

Un altro elemento di novità particolarmente significativo è quello della dirigenza pubblica. I dirigenti avranno la responsabilità di essere la parte più moderna, più innovativa del nostro sistema pubblico e questo vuol dire che le pubbliche amministrazioni dovranno fortemente investire nei funzionari, nei quadri che rimangono permanentemente all’interno del contesto degli enti per sviluppare, rafforzare, le competenze e le conoscenze e la capacità del fare, perché loro saranno i depositari dell’agire della pubblica amministrazione, mentre ai dirigenti verrà chiesto di essere la parte più innovativa e più responsabile.
Non credo che la precarizzazione nei tre albi unici voglia dire spoil system, voglia dire clientele, rispondere ai desiderata del sistema politico, ma voglia invece dire assumersi una responsabilità e un’etica professionale tipica della dirigenza che non risponde e che non deve rispondere ai desiderata della politica se illegali, se illegittimi, se inopportuni sul piano delle norme. Questa è una responsabilità della professione, è una responsabilità degli individui, non ci sono norme che tengono rispetto alla tendenza a delinquere. Nello Stato, c’è un’etica individuale e collettiva che va acquisita, assimilata, sedimentata e praticata e le sanzioni e i controlli devono servire per attaccare e sanzionare la parte minimale di chi invece continua a tenere un comportamento delinquenziale, ma non può essere quella parte minoritaria che blocca la capacità di un Paese di ammodernarsi e di darsi delle regole più aperte e più innovative

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