8 Marzo 2016

8 Marzo 2016

Il gruppo parlamentare del Pd è quello con il maggior numero di deputate ed è anche quello che si è fatto promotore delle più importanti iniziative legislative in favore delle donne. In occasione della giornata internazionale della donna, ritengo utile oltrechè importante fare il punto sul lavoro fatto dall’inizio della legislatura in tema di diritti, lavoro, reddito, sicurezza, cultura e welfare, raccontando attraverso le norme prodotte, l’impegno delle deputate e dei deputati per rendere l’Italia un Paese per donne e uomini.

70 anni fa il diritto al voto, per le donne, è stata una grande conquista ed è importante ricordarlo in questi anni in cui sembra ci sia sempre meno interesse ad andare a votare. Una cosa è certa: chi ha tanto lottato per conquistare il diritto democratico delle donne ad esprimere il proprio voto soffrirebbe molto nel vedere come si disertino sempre di più le urne. Sicuramente dobbiamo interrogarci e riflettere sull’aumento dell’astensionismo, ma proprio per questo vogliamo ricordare e festeggiare i 70 anni di diritto di voto delle donne! Non votare è permettere che altri decidano anche per te. Non lo dobbiamo accettare in famiglia, nelle relazioni, e neanche nella politica!
La storia del suffragio universale femminile si intreccia con quella dell’8 marzo. Nel 1943 in Italia le donne assunsero un ruolo particolarmente importante e riconosciuto nella Resistenza italiana con la formazione dei Gruppi di Difesa della Donna, fondati a Milano per iniziativa del Partito Comunista ma composti da donne di ogni convinzione politica, che assistevano le famiglie in difficoltà e supportavano i partigiani. Con il tempo si estesero in tutto il Nord Italia rivelandosi fondamentali per il supporto alla Resistenza partigiana e, man mano che l’Italia veniva liberata dall’occupazione, nel dibattito politico entrava con forza la questione del riconoscimento di pari diritti alla donna, soprattutto alla luce del valore dimostrato durante la guerra. Se ne fecero promotori Alcide De Gasperi (DC) e Palmiro Togliatti (PCI). Nacque, nel frattempo, l’UDI – Unione Donne Italiane, orientata a sinistra, dalla quale, poco dopo, si staccò il CIF – Centro Italiano Femminile, orientato verso posizioni cattoliche. Entrambe le organizzazioni furono promotrici del noto opuscolo “Le donne italiane hanno diritto al voto”, redatto dall’insegnante e partigiana Laura Lombardo Radice. Nel gennaio del 1945 la voce delle donne si fece sentire con forza tra gli alti gradi dell’embrionale governo repubblicano. C’era bisogno di lasciarsi alle spalle, il prima possibile, il buio Ventennio fascista, anche se l’Italia non era stata ancora completamente liberata. Il 20 gennaio 1945 Togliatti scrisse a De Gasperi per chiedere di portare la questione del suffragio universale nell’imminente Consiglio dei Ministri in programma per il 30 gennaio. Il presidente del Consiglio, esautorato Mussolini, era Ivanoe Bonomi, che aveva anche l’interim del Ministero degli Interni. Togliatti era il suo vice e De Gasperi presiedeva gli Affari esteri. Era un ordinamento provvisorio che iniziava a porre le basi per la svolta verso la Repubblica. Il 30 gennaio, finalmente, in quel Consiglio dei Ministri si discusse del voto alle donne, che trovò quasi tutti i partiti d’accordo
nell’approvarlo, e il giorno successivo un decreto luogotenenziale conferì il diritto di voto alle donne con almeno 21 anni di età. Il “decreto Bonomi” entrò in vigore il 2 febbraio 1945, è da quella data che le donne, in Italia, hanno visto ufficialmente riconosciuto il proprio diritto di voto. Esattamente 70 anni fa. Un anno dopo, il 10 marzo 1946, votarono per la prima volta. Mancava, però, l’accesso all’elettorato passivo, cioè la possibilità di essere elette. L’UDI inviò un telegramma a Bonomi per sollevare la questione, che però ebbe un iter molto più lungo e articolato. Le donne avrebbero dovuto aspettare un altro anno per vedere riconosciuta anche la possibilità di candidarsi e ottenere, dal punto di vista normativo, l’equiparazione agli uomini. Questo nuovo decreto, emanato il 10 marzo 1946, coincise con la prima chiamata al voto del popolo femminile.
Non fu, infatti, con il referendum repubblicano che le donne si presentarono per la prima volta alle urne, ma con le elezioni amministrative del 10 marzo 1946, che coinvolsero 5722 comuni in 5 tornate, tra il 10 marzo e il 7 aprile.
La data storica del 10 marzo (1946) quasi si sovrappone dunque a quella dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna; era quindi impossibile non sottolineare la curiosa coincidenza storica. Serviva un fiore da regalare alle donne, perché diventasse un simbolo di quel momento anche negli anni a venire. Teresa Mattei, dirigente nazionale dell’UDI, ne discusse con Luigi Longo, futuro
segretario del PCI e allora membro della Consulta nazionale. Lui propose le violette, lei invece spinse per le mimose, che erano «un fiore povero, facile da trovare nelle campagne». Il fiore fu associato a quella speciale Giornata e non se ne staccò più. Tre mesi dopo, Teresa Mattei fu eletta all’Assemblea Costituente, in quel 2 giugno 1946 nel quale gli italiani scelsero la Repubblica e scelsero anche a chi affidare la redazione della nuova Costituzione. Fu la donna più giovane dell’intera assemblea. È scomparsa due anni fa, all’età di 92 anni, il 12 marzo.

“Le 21 donne alla Costituente”
Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela M. Guidi Cingolani, Leonilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Livia Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana Togliatti, Maria Nicotra Fiorini, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, M. Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio

on. Marilena Fabbri


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