8 Marzo 2015: Donne e Istituzioni

8 Marzo 2015: Donne e Istituzioni

LE DONNE NELLE ISTITUZIONI

I dati relativi alla presenza femminile negli organi costituzionali italiani hanno sempre mostrato una presenza contenuta nei numeri e molto limitata quanto alle posizioni di vertice. A partire dalle ultime elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013 c’è stata un’inversione di tendenza: infatti, la media complessiva della presenza femminile nel Parlamento italiano, storicamente molto al di sotto della soglia del 30%, considerato valore minimo affinché la rappresentanza di genere sia efficace, è salita dal 19,5% della XVI legislatura al 30,1% dei parlamentari eletti nella XVII legislatura (la media UE è il 27%).

Questa “inversione di tendenza” è dovuta ad una scelta politica forte da parte di alcuni partiti politici quali Partito Democratico in primis (che ha il maggior numero di donne in Parlamento), Sel e Movimento 5 Stelle, i quali già nella composizione delle liste hanno inserito le donne in una posizione di eleggibilità oltre al rispetto dell’alternanza di genere.  Non si può dire lo stesso di partiti come la Lega Nord (che non ha nemmeno una donna in Parlamento) o Fratelli d’Italia.

E’ evidente che il nostro paese, in Europa, deve colmare questo gender gap ma noi crediamo che in questa legislatura si siano gettate delle buone basi per ottenere dei risultati. Siamo fermamente convinte che per il raggiungimento di una piena rappresentanza delle donne nelle istituzioni, a tutti i livelli, non solo è necessario un cambiamento socio-culturale della società ma anche che questo processo debba essere accompagnato e sostenuto da un complesso di norme ad hoc.

Dall’inizio della legislatura ad oggi abbiamo lavorato proprio in questa direzione ottenendo risultati concreti:

  • Il decreto-legge sull’abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti (D.L. 28 dicembre 2013, n. 149, conv. dalla L. n. 13/2014) disciplina i requisiti di trasparenza e democraticità richiesti ai partiti per accedere alle nuove forme di contribuzione previste (‘due per mille’ sulla base delle scelte espresse dai cittadini e agevolazioni fiscali sulle liberalità), istituendo a tal fine un apposito registro. Ai fini dell’iscrizione del registro, la legge prescrive una serie di requisiti per lo statuto dei partiti, tra i quali rientra l’indicazione delle “modalità per promuovere, attraverso azioni positive, l’obiettivo della parità tra i sessi negli organismi collegiali e per le cariche elettive, in attuazione dell’art. 51 Cost.” (art. 3, comma 2, lett. f). L’articolo 9 del D.L. n. 149/2013 del medesimo decreto disciplina espressamente la parità di accesso alle cariche elettive, sancendo innanzitutto il principio che i partiti politici promuovono tale parità. In attuazione di tale principio, sono riprese e rafforzate due disposizioni contenute nella precedente legislazione sul finanziamento pubblico ai partiti (L. n. 157/1999, art. 3; L. n. 96/2012, art. 1, comma 7, e art. 9, comma 13). In primo luogo, per riequilibrare l’accesso alle candidature nelle elezioni, è prevista la riduzione delle risorse spettanti a titolo di ‘due per mille’ nel caso in cui,nel numero complessivo dei candidati presentati da un partito per ciascuna elezione della Camera, del Senato e del Parlamento europeo, uno dei due sessi sia rappresentato in misura inferiore al 40 per cento .In particolare, la misura della riduzione è pari allo 0,5% per ogni punto percentuale al di sotto del 40 per cento, fino al limite massimo complessivo del 10% (art. 9, comma 2, D.L. n. 149/2013).In secondo luogo, ai partiti politici che non abbiano destinato una quota pari ad almeno il 10 per cento delle somme ad essi spettanti a titolo di ‘due per mille’ ad iniziative volte ad accrescere la partecipazione attiva delle donne alla politica, la Commissione di garanzia sui partiti politici applica una sanzione amministrativa pecuniaria pari a un quinto delle somme ad essi spettanti a titolo di ‘due per mille’. (art. 9, comma 3). E’ infine previsto un meccanismo premiale per i partiti che eleggono candidati di entrambi i sessi. Le risorse derivanti dall’applicazione delle due disposizioni esaminate confluiscono infatti in un apposito fondo, annualmente ripartito tra i partiti iscritti nell’apposito registro, per i quali la percentuale di eletti – e non di semplici candidati – del sesso meno rappresentato sia pari o superiore al 40 per cento (art. 9, commi 4 e 5).
  • Il progetto di legge di riforma elettorale, approvato dal Senato e ora di nuovo all’esame della Camera (A.C. 3 e abb. bis-B), detta alcune norme in favore della rappresentanza di genere per le elezioni della Camera (non viene modificato il sistema elettorale del Senato, in  attesa della riforma costituzionale che dovrebbe superare la natura elettiva di questo organo). Il nuovo sistema elettorale prevede un premio di maggioranza assegnato al partito che supera la soglia di sbarramento del 40 per cento o, in mancanza, a seguito di un ballottaggio tra i due partiti più votati. Il territorio nazionale è diviso in circoscrizioni, corrispondenti alle regioni, in cui i seggi sono attribuiti in collegi plurinominali di piccole dimensioni (da tre a nove seggi), sulla base di liste, composte da un candidato capolista (che è “bloccato”) e da un elenco di candidati per i quali si possono esprimere una o due preferenze. Esso introduce, a pena di inammissibilità, un obbligo di rappresentanza paritaria dei due sessi nel complesso delle candidature circoscrizionali di ciascuna lista (quindi, a livello regionale) e prevede che, nella successione interna delle singole liste nei collegi, i candidati sono collocati secondo un ordine alternato di genere (quindi 1-1). Inoltre è stabilito, a pena di inammissibilità della lista, che nel numero complessivo dei capolista nei collegi di ogni circoscrizione non può esservi più del 60 per cento di candidati dello stesso sesso. Infine, è introdotta la c.d. doppia preferenza di genere, ossia, in caso di espressione della seconda preferenza, l’elettore deve scegliere un candidato di sesso diverso rispetto al primo, a pena di nullità della seconda preferenza.
  • Per le elezioni del Parlamento europeo, la legge 22 aprile 2014, n. 65, ha introdotto nella legge elettorale europea disposizioni volte a rafforzare la rappresentanza di genere. In particolare la proposta di legge introduce, limitatamente alle elezioni europee del 2014, la cd. ‘tripla preferenza di genere’, prevedendo che, nel caso in cui l’elettore decida di esprimere tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della terza preferenza. Per quanto riguardala disciplina a regime, destinata ad applicarsi dal 2019, viene prevista: la composizione paritaria delle liste dei candidati, disponendosi che, all’atto della presentazione della lista, i candidati dello stesso sesso non possono essere superiori alla metà, a pena di inammissibilità; inoltre, i primi due candidati devono essere di sesso diverso; la ‘tripla preferenza di genere’, con una disciplina più incisiva rispetto a quella prevista in via transitoria per il 2014: le preferenze devono infatti riguardare candidati di sesso diverso non solo nel caso di tre preferenze, ma anche nel caso di due preferenze. In caso di espressione di due preferenze per candidati dello stesso sesso, la seconda preferenza viene annullata; in caso di espressione di tre preferenze, sono annullate sia la seconda che la terza preferenza.
  • Nella riforma della Costituzione in corso di approvazione l’equilibrio tra donne diverrà uno dei principi fondamentali che le leggi elettorali regionali dovranno rispettare. Con la modifica all’articolo 122 della Costituzione approvata dalla Camera a larghissima maggioranza, infatti, le leggi  elettorali delle Regioni dovranno rispettare l’equilibrio tra donne e uomini nella composizione delle assemblee regionali. È un passo importante che rafforza il lavoro per la democrazia paritaria, e offre un’ulteriore copertura  costituzionale per promuovere maggiore equità nelle competizioni elettorali e nella rappresentanza nei consigli regionali, da cui invece troppo spesso le donne sono letteralmente assenti. La Costituzione, che con l’art. 51 prevede che ‘la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini’ sul punto è chiara, così come chiaro è l’art. 55 del nuovo testo di riforma costituzionale approvato dal Senato, in cui si dice che le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza.

Di seguito il link agli emendamenti presentati dalle colleghe Agostini, Fabbri ed altri che vanno proprio in questa direzione.

Leggi gli emendamenti

 


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