Io voto SI, al referendum Costituzionale

Io voto  SI, al referendum Costituzionale

La riforma costituzionale ha come obiettivo:
Superare il bicameralismo perfetto. Solo la Camera dei deputati, eletta a suffragio universale, mantiene il diritto/dovere di votare la fiducia al governo e la titolarità principale nel fare le leggi, il Senato delle regioni e delle autonomie locali concorre in modo paritetico in caso di riforma costituzionale, leggi di rilievo costituzionale, ratifica dei trattati dell’Unione europea e leggi di interesse territoriale, negli altri casi solo su richiesta, e in modo non vincolante;
Rafforzare gli istituti di garanzia. In alcuni passaggi fondamentali la maggioranza parlamentare è obbligata a confrontarsi e decidere insieme alle minoranze. Obbligo di approvare lo statuto delle opposizioni e il regolamento a tutela delle minoranze; innalzamento del quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica; introduzione del quorum a maggioranza assoluta per la dichiarazione di guerra, oggi non previsto; possibilità che le leggi elettorali (compreso l’Italicum) siano sottoposte a controllo preventivo della Corte costituzionale, prima della loro entrata in vigore, su richiesta di una minoranza di parlamentari;
Rafforzare gli istituti diretti di partecipazione dei cittadini. Si introduce il referendum propositivo e di indirizzo, un quorum più basso per i referendum abrogativi se sottoscritti da 800.000 elettori, l’obbligo per il Parlamento di discutere le leggi di iniziativa popolare sottoscritte da 150.000 elettori, possibilità di prevedere con legge altre modalità di partecipazione dei cittadini;
Abolire il Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL);
Abolire le Province come enti di rilievo costituzionale;
Modificare il cosiddetto Titolo V. Lo Stato e le Regioni non concorrono più a fare le leggi sulle stesse materie, ma vengono distinte in modo più netto le competenze; la scelta di riportare a livello nazionale il governo strategico e unitario di alcune materie, oggi in mano alle regioni, viene bilanciata dalla previsione del Senato delle regioni e delle autonomie e dalla possibilità per le regioni a statuto ordinario, virtuose e con i bilanci in regola, di fare accordi con lo Stato per il cosiddetto “regionalismo differenziato”.

Io voto SI perché non siamo di fronte ad una scelta tra “il bene” o il “male”, tra la democrazia o il rischio di una deriva autoritaria del paese, ma tra due modelli istituzionali. Dobbiamo scegliere se mantenere due Camere che fanno la stessa cosa, in cui in presenza di maggioranze politiche limitate l’una cerca di disfare o bloccare il lavoro dell’altra, o se passare ad una sola Camera elettiva, la Camera dei Deputati che vota la fiducia al governo e detiene la titolarità della funzione legislativa pur condividendola in alcuni casi significativi, con il Nuovo Senato.

La presenza di una sola Camera elettiva:
rende maggiormente possibile individuare un sistema elettorale che possa garantire rappresentanza e stabilità di governo, a prescindere dal modello adottato.
semplifica il sistema decisionale evitando un uso strumentale delle istituzioni da parte di piccoli gruppi parlamentari o addirittura singoli parlamentari che con il loro voto/veto hanno tenuto, in diverse occasioni, sotto scacco chi veniva chiamato a governare il paese,
rende più chiare le responsabilità politiche di chi deve fare le leggi e di chi deve governare.

Io voto SI perché la proposta di riforma costituzionale non tocca i principi e i diritti fondamentali della nostra Costituzione, mantiene e rafforza il sistema parlamentare, non tocca i poteri del governo e mantiene intatto il ruolo di garanzia e i poteri del Presidente della Repubblica di impulso per la formazione del governo, di nomina dei ministri e di scioglimento della Camera elettiva.

La riforma costituzionale è il risultato di un confronto duro e acceso che è avvenuto in Parlamento, per oltre due anni, a cui ho partecipato direttamente come componente della Commissione Affari Costituzionali, che ha portato a importanti miglioramenti del testo iniziale, e che risponde ad un impegno istituzionale preciso di questa legislatura.

A chi dice che questo Parlamento non è legittimato a fare le riforme ricordo infatti che, dopo la paralisi istituzionale conseguente alla “non vittoria del 2013” , è stato posto con forza e come priorità di questa legislatura, anche da parte dei cittadini, il tema della riforma istituzionale, proprio per superare il problema dell’ingovernabilità del paese. Il Presidente della Repubblica Napolitano istituì un comitato dei saggi per le riforme; nel discorso di insediamento del governo, Letta prese l’impegno per le riforme e avviò il processo per la istituzione di una commissione bicamerale per la riforma costituzionale; di fronte alla difficoltà di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano accettò di fare un secondo mandato a tempo e a condizione che ci fosse un impegno serio di tutte le forze politiche, che gli chiedevano di restare, di trovare un accordo per riformare il paese.

Io penso che il grado di democrazia di un paese non lo si misura necessariamente per quante volte si viene chiamati a votare, ma da efficacia del voto e dalla capacità e responsabilità delle istituzioni di dare risposte ai problemi del paese nel rispetto della fiducia ottenuta con le promesse fatte per ottenere quel voto.

Ora tocca a tutti noi in qualità di cittadini-elettori decidere se è questa l’occasione, VOTANDO SI, per semplificare il nostro sistema istituzionale e rendere più chiare le responsabilità della politica o se, votando NO alla riforma, tornare al punto di partenza per ricominciare daccapo a discutere, condannati ancora per lungo tempo a governi instabili e di compromesso, da cui nessuno si sente pienamente rappresentato.

Dossier di approfondimento

Disegno di Legge elezione Senato


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